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morte e l'immagine distorta che, dal finestrino e a prezzo del rischio della vita, il mondo tutto
offriva di sé.
Come ai morti, a cui passa negli occhi in pochi istanti tutta una vita, sfilando via veloce.
A quelli sfilavano via prati, persone, case, fiumi, animali...
Bisogna immaginarselo, la paura da una parte e quel bombardamento di immagini dall'altra, o
meglio una, la paura, dentro l'altro, il bombardamento, come onde concentriche di un unico
soffocamento, angoscioso, certo, ma anche... qualcosa come un improvviso squarciarsi della
percezione, qualcosa che doveva avere dentro la scintilla di un qualche bruciante piacere - un
avvitamento progressivo del ritmo delle percezioni, dalla lenta partenza alla corsa incondizionata
dentro alle cose, tutto un protocollo vertiginoso di immagini che si affastellano in disordine
pigiandosi negli occhi, ferite incurabili nella memoria, e schegge, strisciate di passaggio, fughe di
oggetti, polvere di cose - questo doveva essere piacere, perdìo - "intensificazione della vita
nervosa", l'ha poi chiamata Simmel - sembra un referto medico - e in effetti ha il profilo, e il sapore,
della malattia, quell'ipertrofia del vedere e del sentire - ti si tendevano le reti del cervello,
dolorosamente, fino allo stremo, come ragnatele esauste chiamate dopo secoli di sonno a catturare il
volo di immagini impazzite, figure come insetti collassati dal vortice della velocità, e il ragno, che
eri tu, ad affannarsi avanti e indietro in bilico tra l'ebbrezza dell'abbuffata e la precisa, esatta,
numerica certezza che la ragnatela era a un istante dal cedere per sempre, e arrotolarsi su se stessa,
gi umo di bava, penzula poltiglia inservibile, nodo mai più districabile, geometrie perfette perse per
sempre, squallido bolo di cervello sfatto - il piacere lancinante di divorare immagini a ritmo
sovrumano e il dolore di quella gabbia di fili tesa fino allo sfinimento - il piacere e il rumore sordo
dello sgretolamento - il piacere e dentro, subdola, la malattia - il piacere e dentro la malattia, la
malattia e dentro il piacere - tutt'e due a inseguirsi dentro il bozzolo della paura - la paura e dentro il
piacere e dentro la malattia e dentro la paura e dentro la malattia e dentro il piacere - così ti girava
dentro l'anima, all'unisono con le ruote del treno scatenate sulla via fatta di ferro - perversa
rotazione onnipotente - così mi gira l'anima dentro, triturandosi gli attimi e gli anni - perversa
rotazione onnipotente - chissà se c'è un modo per fermarla, chissà se è fermarla che si devechissà se
è proprio scritto che debba fare male così - e da dove è mai partita, magari sapendolo uno potrebbe
tornare lassù, sulla cima della discesa mozzafiato, all'inizio del binario, e pensarci un po' su prima di
- così si rigira l'anima dentro, perversa rotazione onnipotente - chissà se è forza o solo stremata
sconfitta - e se anche fosse forza e vita, doveva proprio essere così? minuzioso e crudele sterminio
che ti germoglia dentro - chissà se c'è un modo di fermarlo, o un posto - un posto qualunque dove
non tiri la bisa di questa rotazione perversa che inanella i giri del progressivo e mai più reversibile
sfinimento, tarlo miserabile che sfarina la presa infrangibile dei più geniali desideri - il piacere e
dentro la malattia e dentro la paura e dentro il piacere e dentro la malattia e dentro la paura e dentro
- venga qualcuno e silenziosamente la fermi, l'ammutolisca in un angolo di vittoriosa quiete, la
sciolga per sempre nel fango di una vita qualunque da scontare in un tempo senza ormai più oreo la
faccia finita in un attimo senza memoria - üì un attimo - la faccia finita.
Sui treni, per salvarsi, per fermare la perversa rotazione di quel mondo che li martellava di là dal
vetro, e per schivare la paura, e per non farsi risucchiare dalla vertigine della velocità che certo
doveva continuamente bussargli nel cervello quanto meno nella forma di quel mondo che strisciava
di là dal vetro in forme mai viste prima, meravigliose certo, ma impossibili perché il solo
concederglisi per un attimo istantaneamente rimetteva in corsa la paura, e di conseguenza
quell'ansia densa e informe che cristallizzata in pensiero si rivelava a tutti gli effetti nient'altro che il
sordo pensiero della morte - sui treni, per salvarsi, presero l'abitudine di consegnarsi a un gesto
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