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Non ti ho mentito. Almeno non del tutto. Sai cos ho in tasca?
Spara.
Una bottiglietta di tabasco.
Tabasco?
Estrassi la bottiglietta. Frenò bruscamente. Poi, dopo avermela strappata di
mano, cominciò a leggere l etichetta posteriore: Salsa Tabasco. Ingredienti: aceto
di grano, peperoni piccanti, sale. Fabbricato in Usa, McHillenny Company, Avery
Island, Louisiana. Poche gocce di salsa tabasco conferiscono un sapore piccante
squisito a minestre, intingoli, uova, pesci, crostacei e frutti di mare.
Non guardarmi così. Non è che di solito mi porto il condimento da casa, ma
non ho nemmeno il porto d armi e Olegario è alto due metri. Sai l effetto che fa il
tabasco agli occhi? É meglio dell acido. Non crea danni permanenti, ma ti mette fuori
combattimento.
Cos hai intenzione di fare stasera?
Te l ho detto, voglio che tu mi faccia da esca, ma devo essere pronto a inter-
venire nel caso succeda qualcosa di spiacevole.
Sei strano, sai? Ho conosciuto gente di tutti i tipi, ma nessuno si armava di
tabasco.
Luana, ci credi se ti dico che nell altra tasca ho un potentissimo lassativo?
Non mi dire. E quello come lo adoperi? Lo spingi su per il culo in caso di
pericolo?
Ci sei andata vicina.
Luana riprese a guidare. Posteggiò disinvoltamente in via Carducci. Buona
fortuna a noi. All entrata dell Open House un capannello di gente cercava di
convincere il buttadentro a chiudere un occhio sulla propria anonimità.
Mi dispiace, è una festa a inviti, stava dicendo il culturista strizzato nello
smoking.
Ce l hai l invito? chiese Luana.
No, ma ho di meglio: ho te. In effetti, al nostro passaggio il buttadentro
fu ipnotizzato dallo chiffon di Luana che la pelliccia aperta esibiva generosamente.
La guardarobiera mi riconobbe. Stasera mi fermo più di cinque minuti.
Le ragazze come Luana non hanno bisogno dell invito per entrare in un locale.
Luana lasciò la pelliccia al guardaroba e, mentre il buttadentro ormai distratto,
anziché chiudere un occhio ne spalancava due, un gruppetto di peones senza invito ne
approfittò per calarsi nel locale. Il primo imprevisto della serata fu che la festa, oltre a
essere privata, era a tema, almeno a giudicare dagli abiti dei presenti: sai, tonache. La
si sarebbe detta una festa ispirata a qualche ordine monastico.
Luana, che mi aveva preceduto lungo le ripide scale, urlò. La raggiunsi quasi
inciampando e capii la ragione del suo orrore. Il falso monaco che le stava davanti
barcollando, non aveva più un viso umano. La faccia era una tana di vesciche. Sotto
alcune vesciche aperte si intravedeva una superficie cutanea rossa e umida. Il dorso
delle mani era un trionfo di verruche, le unghie friabili, screpolate, con macchie
circoscritte di color giallo sporco.
L uomo tentò di abbracciare Luana. Gli fui addosso.
Non feci in tempo a colpirlo che cadde per terra. Non appena cadde, fui
sommerso da mani e braccia.
Un colpo al naso e il sangue, il mio.
Adesso basta, basta, il buttadentro si fece largo tra i monaci, spalleggiato
da più esili buttafuori. I miei aggressori si dispersero.
Cazzo, ha vomitato sulla moquette. Era nuova. Non so se fu la parola
vomitato o la parola moquette a riportarmi in me, ma il sudore freddo gelò sino a
diventare ghiaccio bollente. I mostri non vomitavano sulla moquette. E poi chi, in
presenza di un mostro, si preoccupava della verginità della moquette?
Glielo avevo detto a questo stronzo di non continuare a bere. È arrivato qui
che era già partito. Con una bracciata sollevò il mostro e dicendogli Hei, ti
senti bene? cominciò a schiaffeggiarlo. Alcune vesciche si dispersero nella sala.
Non c è trucco teatrale che regga a due sventole ben assestate. L ubriaco farfugliò
qualcosa.
Guardai fisso negli occhi il buttafuori più gracile e con voce rabbiosa gli chiesi:
Come cazzo si chiama questa festa?
Effetto delle radiazioni del dopo-bomba. Day after party. Perché? Mi
stavo pulendo il sangue dal naso e uno dei mostri che mi avevano aggredito mi si
avvicinò.
Volevo scusarmi, credevo tu fossi il tipo che se la prende con gli ubriachi.
Paolo ha un po bevuto ma...
Paolo?
Ma sì, il mio amico...
Scusami tu, devo controllare una cosa. Seguii la pista del buttadentro
sino alla toilette. Il culturista cercava di rianimare il morto vivente, che in quel
momento era effettivamente più morto che vivo. Con un fazzoletto inumidito gli
nettava il vomito ormai indistinguibile dal trucco. Hai bisogno? chiese.
No, anzi, ti do una mano. Col mio fazzoletto contribuii a far tornare
umano il volto dell ubriacone.
Non mi ero sbagliato. Ecco perché ero stato così atterrito dalla sua apparizione.
Avevo riconosciuto un incubo. Un incubo non mio. Un incubo di Antonello Caroli
attore. Che idiota a non averci pensato prima! Eppure Caroli mi aveva detto di avere
incontrato Paolo, il suo Paolo, il responsabile della scomparsa di Lucy, all Open
House. Era sicuramente anche lui un habitué, proprio come Olegario. Il trucco da
dopo-bomba ne aveva alterato i lineamenti, ma ora era riconoscibilissimo. Milano è
piccola, c è gente che scompare, come Lucy, come Nicky, ma è sempre di pila gente
che si rincontra.
È meglio che tu vada a prendergli qualcosa da bere per rimettergli a posto lo
stomaco. Il caffè col limone è inutile, ha già vomitato abbastanza. Fagli preparare un
canarino. Mi ero rivolto al buttadentro rientrato nel suo smoking da sottoposto.
E lui? protestò debolmente il ragazzone.
Non preoccuparti di lui, lo assisto io finché non torni. Non appena il
buttadentro uscì dal bagno, pungolai con un piede lo stomaco di Paolo. Era semiinco-
sciente. Il primo calcio nacque timido, un abbozzo di calcio allo scroto. Poi la
gragnola di calci ai fianchi. Le mie scarpe grandinarono su di lui con rabbia
crescente. Fu come colpire un sacco di patate in cui i tuberi erano stati sostituiti con
organi interni. Non riuscii a fare giustizia per Lucy. Riuscii solamente a vendicare me
stesso. Il sacco di patate si tramutò in un pneumatico sgonfio e allora, solo allora,
smisi di colpire.
Il buttadentro irruppe reggendo un bicchiere da cocktail pieno di canarino.
L aspetto era quello del gin fizz.
Come sta?
Così così.
Non li sopporto, arrivano qui sbandierando biglietti da cento come se
fossero i padroni del mondo e poi te li ritrovi a vomitare come cani.
Peggio che cani. Nei cani il vomito rappresenta una funzione fisiologica,
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